Presentazione della mostra personale, Arianna Sartori Arte;
Mantova, febbraio 2007.
È difficile dare una definizione interpretativa che in sintesi ci
restituisca la fisionomia di Salvestrini. Sembrerebbe ovvio citarlo come
artista figurativo, perché anche dove ci appare orientato verso
simbologie fantasiose i suoi soggetti sono vedute, soprattutto
cittadine, svolte con puntiglio descrittivo; riconosciamo i luoghi,
recepiamo l’emozione dei colori secondo l’ora del giorno.
Ma il timbro, tuttavia, è quello di una rievocazione, come se egli
recuperasse l’immagine dalla memoria, non dal rapporto diretto. E non
solo: egli la recupera con un’eccezionale finezza di particolari;
cosicché, se da una parte il tipo di atmosfera ci orienta verso
specifiche situazioni ambientali, dall’altra la minuzia rappresentativa
ci spinge a identificarci con particolari dell’ambiente che senza il suo
intervento ci sarebbero sfuggiti.
E non solo: gli spazi cittadini che egli raffigura sono tra i più noti:
soprattutto piazze del centro, strutture architettoniche che conosciamo
da tempo; eppure attraverso il suo puntiglio descrittivo, carico di
emozioni, ci paiono come restituite alla memoria, cioè ambienti
rievocati, non semplicemente raffigurati.
Si danno peraltro casi, nella sua ricca e sottile iconografia, di accostamenti temporali, come se gli interventi succedutisi nel tempo si affiancassero: ciò avviene appunto nella memoria, dove il presente si affianca al passato senza obliterarlo. Alcuni luoghi della città ormai divenuti storici anche per gli eventi che vi si sono succeduti – si pensi a piazza Fontana – ci si prospettano con assoluta precisione descrittiva, ma detengono il senso della lontananza storica.
Questo tema che potremmo definire “tema del ricordo” è vissuto poi come
mitico, però come se il mito abitasse nel presente: gli argomenti che si
definiscono propriamente mitologici, per esempio, affiancano le
registrazioni descrittive, e sono tra l’altro rivissuti non secondo una
ripresa storica delle loro rappresentazioni in età classica, ma
attraverso i vari modi con cui sono stati interpretati. Si osservino per
esempio le Muse danzanti,
che hanno una matrice mitologica ma rivelano
qui la suggestione settecentesca di Watteau.
D’altra parte il presente, inteso anche come realtà moderna, convive con
il passato così come avviene nella vita delle città, dove l’edificio
secolare è comunque realtà del presente, è attualità perché così lo
sentiamo.
La Milano degli anni Settanta (si pensi alla fioritura di grattacieli che segue velocemente il periodo razional/novecentista dell’architettura) convive con il passato e il presente in una sorta di naturale dinamismo. È questo che Salvestrini sa cogliere splendidamente (ed emotivamente per noi): piazza S. Alessandro appare trasfigurata allo stesso modo in cui vediamo, nella rappresentazione di Salvestrini, piazza Missori: è la piazza che conosciamo direttamente ma insieme è come se fosse recuperata nei secoli; è la memoria.
©2007 Rossana Bossaglia
Sono nato a Padova nel 1947. In questa città, intorno ai sei anni, ho desiderato essere pittore.
Ricordo che disegnavo per ore quasi tutti i giorni, copiavo le illustrazioni di un’enciclopedia, che riproducevano a piena pagina opere dei grandi maestri del passato: Ghirlandaio, Tiziano, Salvator Rosa e Van Gogh. Anche facevo i ritratti a carboncino delle persone di famiglia, dei parenti o dei vicini di casa.
Nelle chiese di Padova ho scoperto la grandezza della pittura antica.
A Mantova frequentai la prima e la terza media. Con meraviglia mi inoltravo per le strade tortuose che si aprivano su piazze antiche e misteriose, o finivano lungo il lago che circonda la città su tre lati; fui affascinato dall’architettura di Leon Battista Alberti, Giulio Romano e dalla pittura di Andrea Mantegna.
A dodici anni andai a vivere ad Ariccia (Roma), presso la nonna paterna e lo zio sacerdote, da poco nominato arciprete della collegiata di Santa Maria Assunta. Così ebbi la fortuna di abitare per un anno nella casa parrocchiale adiacente la chiesa che Gian Lorenzo Bernini aveva costruito tra il 1662 e il 1664. Un luogo straordinario, tempio del barocco romano: vi contemplavo i grandi angeli di stucco della cupola, l’affresco del Borgognone e le bellissime pale d’altare.
Nel 1961 raggiunsi la mia famiglia che si era stabilita a Milano. Frequentai i corsi di graphic-design della Società Umanitaria, con i professori Massimo Vignelli, Bob Noorda, Giancarlo Iliprandi, e Mario De Micheli per storia dell’arte. Per la pittura, presso l’Accademia di Brera, frequentai la Scuola degli Artefici (premiato due volte con medaglia d’argento 1965 e 1967) e il Libero Corso del Nudo.
In seguito come graphic-designer collaborai con importanti studi e società, tra i quali Olivetti, Franco Maria Ricci editore e Unimark International.
Negli anni ’80 mi dedicai all’illustrazione editoriale. Nel 1983, su incarico di Mimì Pavia Piovene realizzai il manifesto per il convegno letterario internazionale del PEN Club, tenutosi a Venezia, Isola di San Giorgio. Nel 1984 l’editore Rizzoli pubblicò il volume “Manuale del Viaggiatore Interplanetario” con il testo del mio amico Gianni Guadalupi. Per questa edizione realizzai 60 tavole a colori e 30 in bianco e nero. Nel 1990 le tempere originali furono esposte in una grande mostra al Museo de Arte Contemporaneo di Caracas (Venezuela).
Contemporaneamente a queste attività, studiai musica e canto lirico, dal 1970 alla Scuola di Formazione per Artisti del Coro del Teatro alla Scala. In seguito proseguii gli studi privatamente e iniziai a cantare in coro e come solista, in concerti e rappresentazioni teatrali collaborando con la Polifonica Ambrosiana, il Teatro alla Scala, il Civico Coro da Camera di Milano, il Gruppo di Musica Antica Adelchis.
Dal 1982 al 1993 frequentai con grande interesse i corsi e le conferenze di Baba Pyare Lal Bedi1 filosofo e scrittore indiano, che con i suoi metodi di auto-osservazione profonda apriva a una nuova ottica della creatività riguardo al canto, alla pittura e alla funzione dell’Arte nella società. Questa esperienza e la pratica delle mie attività mi condussero a creare due tecniche: Il Canto dell’Anima® per l’auto-espressione attraverso la voce, e Autoespressione Attraverso il Colore, che insegnai in corsi stabili e intensivi fino al 2016.
Dal 1986 ripresi a disegnare e dipingere con impegno e iniziai a esporre i miei lavori.
Lo studio e l’osservazione dei grandi maestri del passato mi avevano sempre appassionato, in quegli anni presero nuova energia anche per le mostre importanti che vidi a Venezia, Roma, Padova, Mantova e Milano: Tiziano, Rubens, Perin del Vaga, Giulio Romano, Francesco Guardi, Munch e Giorgio de Chirico.
Osservando da vicino la superficie di un quadro di Tiziano si può avere “la rivelazione della grande pittura” e Tiziano fu il primo che la iniziò, in seguito pochi altri maestri dettero importanza alla pittura come elemento primario al di là dell’immagine, del soggetto. Questa materia pittura è ben visibile in El Greco, Rembrandt, Watteau e Goya. Pittura materia-colore plasmata, espressiva che ascende alla spiritualità.
Le mie intuizioni e preferenze circa la bellezza della pittura, trovarono la conferma e nuovo nutrimento nello studio delle opere e degli scritti di Giorgio de Chirico2. Soprattutto considerando il periodo cosiddetto Romantico-Barocco nel quale egli realizza, dopo tanti anni di grande arte, il suo ideale di pittura tramite “la bella materia”.
I miei dipinti degli ultimi anni rappresentano vedute delle città nelle quali sono vissuto o vedute fantastiche. Le composizioni di frutta, che mi piace denominare Natura Immobile come le definiva Chardin, a volte le ambiento su davanzali con scorci di architetture. Altri soggetti sono rappresentazioni mitologiche nelle quali la deformazione e il movimento delle figure esprimono le energie primordiali, eterne. La pittura è sempre più libera, con le pennellate evidenti e la fusione è ottenuta per accostamenti, sovrapposizioni e velature a rinforzare riflessi, lumeggiature, intensità dei toni.
Ringrazio il prof. Paolo Bensi3 delle molte informazioni scientifiche che, nel tempo, mi ha fornito amichevolmente, circa la tecnica dei pittori veneti, dal cinquecento al settecento.
La recente attività pittorica di Edoardo Salvestrini, si centra particolarmente sul tema della veduta di città e su composizioni in cui l’architettura è protagonista in un’atmosfera onirica: “Capricci” e “Piazze Antiche”. Salvestrini dipinge anche ritratti su commissione
Per ulteriori informazioni potete scrivere a info at edoardosalvestrini dot com